Perché gli attacchi di panico?

ragazza tra la folla

Esiste una stretta relazione tra disturbi d’ansia e le cosiddette emozioni negative. Ma prima di chiarire questa relazione, è opportuna una domanda: perché un’emozione è giudicabile come positiva o negativa? La risposta, tutt’altro che ovvia, risiede nel concetto di aggressività.

scimmie

L’uomo e l’aggressività

L’uomo è un animale sociale. I rapporti tra esseri umani sono caratterizzati da una spiccata interdipendenza, la cui graduale sofisticazione è stata centrale all’evoluzione e alla sopravvivenza della nostra specie. Tuttavia, ragionando sempre in termini evolutivi, la dipendenza tra individui è una caratteristica alquanto fragile, complessa, che richiede un gran numero di presupposti affinché sia funzionale all’adattamento di una specie, invece che d’ostacolo. Uno di tale presupposti è l’esistenza d’una comune inclinazione al contenimento dell’aggressività (individuale), finalizzata all’evitamento del conflitto (sociale).

Epperò tale inclinazione umana all’evitamento del conflitto non è assoluta, perché la nostra specie necessita anche che l’individuo conservi le proprie potenzialità e le metta in relazione con gli altri: che resti capace di criticare. Un equilibrio difficile.

Le emozioni negative

Le emozioni esistono in natura. Questo significa che tutte le emozioni sono il prodotto dell’evoluzione della specie. Altrimenti l’evoluzione della psiche umana le avrebbe scartate (tutte o in parte), così come l’evoluzione del corpo umano ha abbandonato la coda. Ma allora in che cosa consiste la presunta “negatività” delle emozioni? Se un’emozione è giudicata “negativa” è solo perché esistono, socialmente, criteri di giudizio condivisi che la classificano come tale. Dunque esiste almeno un parametro sociale che esprime una condanna nei confronti di una parte della nostra (naturale) vita emotiva; un parametro di giudizio con il quale ogni individuo è spinto a colludere più o meno consapevolmente.

 Emozioni e impulso alla critica

Eppure le cosiddette emozioni negative non sono poche: rabbia, vendicatività, odio, delusione, gelosia, invidia, superbia, arroganza, disprezzo, indifferenza, disgusto, paura, avidità, ecc. Ma cosa le accomuna?

Una mentalità (intesa come insieme condiviso di parametri di giudizio sociale) può reprimere o controllare un’ampia varietà di emozioni quando in esse avverte un principio pericoloso, potenzialmente anti-sociale: l’impulso alla critica. Questo a prescindere se un impulso alla critica trovi espressione, oppure se resti interno (contestazione interna).

Ne consegue che dietro le emozioni negative si cela sempre una critica più o meno implicita, ma soprattutto più o meno consapevole, oscurata dalla coscienza soggettiva o sociale. E quando l’espressione dei sentimenti negativi viene percepita come dannosa per legami o valori amati, gli attacchi di panico possono assumere un ruolo “contenitivo” nei confronti del soggetto, incastrandolo in una rete di inibizioni e prescrizioni.

Gli attacchi di panico si collocano proprio in questo quadro: essi derivano dall’angoscia profonda (e sempre inconscia), di poter danneggiare la relazione con persone che si amano o da cui si dipende in senso affettivo e sociale, e che non sempre meritano tanta avversione. Similmente a molti altri sintomi psicopatologici, gli attacchi di panico rendono il soggetto “socialmente innocuo”, intrappolando il suo impulso alla critica in una trama di inibizioni e proscrizioni.

guarigione psicoterapia

La guarigione

Considerando queste riflessioni si può dire che sia giusto parlare di sentimenti negativi, ma bisogna altresì esimersi dal banalizzare il discorso a un’accoglienza indiscriminata dell’odio e dell’aggressività, né si può perseverare su pseudo-terapie comportamentali focalizzate sul presunto dirottamento dell’aggressività (con inviti a “fare palestra”, o a urlare, o a sfogarsi senza criterio). La guarigione è possibile solo se la terapia è finalizzata allo sviluppo della complessità dell’individuo, integrando tutti i lati della sua vita emotiva in chiave costruttiva, e senza cedere all’imperativo di viverla soltanto sotto le lenti morali della coscienza.